Palazzina Storica

Con la caduta napoleonica del 1814, gli austriaci approfittarono per farsi strada lungo il territorio del Regno Italico. L’arrivo degli austriaci porta il più lungo periodo di pace mai vissuto in Europa, ma si traduce anche in un’imponente espansione del loro dominio politico comprendendo anche le zone arilicensi. Il vasto impero stabilisce una classifica dei punti strategici di confine, ponendo al primo posto Venezia e Mantova, seguite da Pizzighettone, Legnago, Ferrara e Peschiera. A causa dell’importanza che Peschiera riveste con largo anticipo rispetto ad altre zone, si inizia ad intervenire per adattare la fortificazione alle nuove armi da guerra. Gli obiettivi austriaci sono focalizzati fondamentalmente sulle opere arroccate, con l’inserimento di numerosi forti esterni al centro del paese, ma interviene anche con importanti modifiche al tessuto urbano di Peschiera, che nel giro di pochi decenni vide mutare il suo profilo cittadino. Non essendo più sufficiente l’imponente fortificazione bastionata viene pianificato un nuovo sistema tanagliato, con piazze ad opere distaccate, creando così un impianto ad ampio respiro che permetta rapidi e massicci movimenti. A conferma di questo interesse per l’assetto cittadino è il radicale intervento che gli asburgici apportarono sulla riva sinistra della città di Peschiera.

Negli anni Cinquanta dell’Ottocento prende forma, infatti quello che venne chiamato il Quartiere Militare. Si tratta di una piazza che si estende tra il canale di Mezzo e Porta Verona, all’interno della quale sono contenuti gli edifici militari. Sul lato lungo della piazza, parallelamente al canale e dirimpetto alla preesistente caserma di Fanteria, sorse il Padiglione degli Ufficiali: edificio neoclassico che doveva ospitare gli ufficiali asburgici con le loro famiglie. Sulla facciata del fabbricato spiccava un orologio meccanico che batteva le ore nella riva sinistra, in perfetta sincronia con l’altro orologio posto sulla riva destra.

A chiusura della piazza sul lato corto si edifica il Palazzo del Comandante (Palazzina Storica dopo il 1866): esteticamente legato al Padiglione dallo stile neoclassico, destinato all’alloggio del Comandante e alle funzioni di rappresentanza. Si tratta di una palazzina costruita nel 1853 a due piani che conteneva al piano terra due alloggi per gli ufficiali, la cancelleria e la cassa militare e sul retro erano situate le rimesse per le carrozze, la scuderia, il deposito del fieno, la  selleria e la legnaia. Il piano superiore era totalmente riservato al comandante che, di solito, aveva il grado di Feldmaresciallo: vi si trovavano gli alloggi e le sale di rappresentanza.

Nella parte opposta della piazza, in allineamento con la caserma di Fanteria, per volere di Radetzky viene costruita la Caserma d’Artiglieria. Per unificare l’insieme spaziale della piazza viene ideato al centro dell’area un accurato giardino suddiviso con rigorosa simmetria da un viale alberato. Il parco all’interno del complesso è tipico ottocentesco; i cittadini borghesi usavano passeggiare e trascorrere il tempo libero. La accortezza austriaca fu quella di inserire un elemento così civile all’interno di un agglomerato militare.

 

In una delle sale della Palazzina l’8 novembre 1917 si svolse lo storico Convegno Interalleato tra il re Vittorio Emanuele III e gli alleati francesi e inglesi; in quell’occasione il sovrano italiano pronunciò il celebre proclama che incitò la resistenza sul Piave, e che avrebbe portato alla vittoria della Guerra. Desiderando che il luogo in cui si era tenuto quell’importante evento fosse conservato e tutelato, il 20 dicembre 1937 Vittorio Emanuele III decretò la ‘Sala storica’ monumento nazionale.  La Sala Storica conserva ancora la scrivania del re con calamaio e pennino per la firma. Pregevoli anche gli affreschi che ricordano il momento storico tanto importante per il futuro stesso dell’Italia. Nel complesso, l’edificio accoglie oggi oggetti e documenti riconducibili alla grande guerra.

 

8 NOVEMBRE 1917

Era una mattina di pioggia sottile e gelida, e la nebbia evaporava dal fiume Mincio coprendo le strade. Ormai da giorni il cielo era coperto da nuvole, che scendevano come lacrime su Peschiera del Garda, in un tempo di guerra e distruzione, dopo la disfatta di Caporetto del 24 Ottobre 1917, costata ben 400.000 vittime italiane. E’ l’8 novembre 1917.

Davanti al Palazzo del Comandante inizia pian piano a formarsi una folla di gente, che attende intrepida l’arrivo del Re Vittorio Emanuele III e delle forze alleate di Francia e Inghilterra. La situazione politica è molto tesa e delicata, basta un passo falso per perdere la partita.

Il Re Soldato lo sa, ma nonostante tutto scende dalla sua auto, a testa alta, e con passo sicuro entra nel Palazzo del Comandante, oggi conosciuto come Palazzina Storica, seguito dagli altri partecipanti al Convegno. A fianco a lui ci sono i rappresentanti politici dell’Italia Giorgio Sidney Sonnino ministro degli esteri e Vittorio E. Orlando Presidente del consiglio e primo ministro.

Per la Gran Bretagna partecipa David Lloyd Gorge e il suo braccio destro Smuts accompagnati dai loro generali Gen. William Robertson e il Gen. Woodrow Wilson.

Per la Francia il primo ministro Paul Pailevé e Franklin Bouillon accompagnati dai loro generali Gen. Ferdinand Foch e dal Gen. Camille Barrére. Vittorio Emanuele III voleva fortemente questo incontro, dopo il convegno fallimentare di Rapallo del 6-7 Novembre 1917 dove Armando Diaz non era riuscito a convincere gli alleati. Il re soldato dirige l’incontro in modo deciso e sicuro, pronunciando il famoso proclama che incitò la resistenza sul Piave, e che avrebbe portato alla vittoria della Guerra:

“Italiani, Cittadini e Soldati !
Siate un esercito solo. Ogni viltà è tradimento, ogni discordia è tradimento, ogni recriminazione è tradimento. Questo mio grido di fede incrollabile nei destini d’Italia suoni così nelle trincee come in ogni remoto lembo della Patria, e sia il grido del Popolo, che combatte, del Popolo che lavora. Al nemico che, ancor più che sulla vittoria militare, conta sul dissolvimento dei nostri spiriti e della nostra compagine, si risponda con una sola coscienza, con una voce sola: Tutti siam pronti a dar tutto, per la Vittoria, per l’onore d’Italia.”

La forza con cui il Re condusse il Convegno colse gli astanti impreparati, quasi smarriti, tanto che di quel fatale intervento nessuno riuscì a stilare un verbale. ‘quando la storia si fa, non si pensa scriverla’ disse il primo ministro Orlando. Dopo aver esposto le cause a suo giudizio della ritirata di Caporetto, Vittorio Emanuele III ribadì la necessità di rafforzare la difesa del Piave e confermò agli alleati la decisione di riorganizzare lo Stato Maggiore italiano, sostituendo il generale Cadorna col generale Diaz; mosse che si riveleranno fondamentali per la vittoria della prima guerra mondiale.

La Società Sala Storica proprio quale depositaria della memoria ha ricevuto nel corso degli anni diverse donazioni; i numerosi cimeli riferibili alla prima guerra mondiale che vennero raccolti sono conservati e in parte esposti all’interno della Sala Storica, dando vita spontaneamente ad un Museo.

L’opera simbolicamente più rappresentativa è senza dubbio il dipinto del decorativista Sinibaldo Tordi. Si tratta di un apprezzabile quadro, eseguito nel 1937, che eterna il momento cruciale del Convegno permettendo di riconoscere la sala riscoprendo come l’intero ambiente si sia conservato immutato. Tutto sembra essersi fermato nel tempo: la scrivania con calamaio e penna, la sedia in legno con braccioli, la spalliera curvata e sedile rivestito in pegamoide, la grande stufa in maiolica, il soffitto decorato ad affreschi. L’unica aggiunta è la presenza del quadro del Tordi, che si stacca alle spalle della scrivania, a testimoniare ciò che quasi cento anni fa accadde tra quelle mura.

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